La Sezione Sesta del Consiglio di Stato, con sentenza ****/2019, chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità o meno della cd. “clausola sociale” prevista dal bando di gara, con riferimento alle cooperative sociali, ha affermato che anche per queste ultime vale l’interpretazione giurisprudenziale prevalente, secondo la quale tale clausola non può e non deve comportare una limitazione alla libertà d’iniziativa economica; ne consegue che l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve necessariamente essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante.
Il bando in questione, oggetto del giudizio di appello, non solo imponeva la riassunzione, a pena di esclusione dalla gara, del 50% dei lavoratori impiegati dal precedente gestore del servizio, ma introduceva un criterio di valutazione dell’offerta tecnica volto a premiare, con l’assegnazione di un punteggio addirittura pari alla metà (25 punti) di quello complessivamente attribuibile, il concorrente che si fosse impegnato a riassorbire tutto il restante 50% del personale in parola, producendo, in tal modo, effetti sostanzialmente analoghi a quelli di una clausola sociale di riassunzione pressoché totalitaria, con la conseguenza di condizionare in maniera significativa e oltremodo rilevante le scelte dell’imprenditore.
Il giudice di appello, accogliendo il gravame e dichiarando l’inapplicabilità della clausola imposta dal bando, a sostegno della propria decisone, ha affermato che la c.d. “clausola sociale” ammessa dall’art. 50 del D.lgs. 18 aprile 2016 n.50, deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto.
Tale clausola, in sostanza, deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente.
Ne consegue che l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante; i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; la clausola non comporta, invece, alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il totale del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria.
Avv. Domenico Vitale
Avv. Gabriele Vitale
Avv. Anna Rita De Crescenzo