Con la sentenza 11 gennaio 2018 n.****, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, (Presidente Severini, relatore Di Matteo) ha introdotto importanti principi generali in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190; ciò alla luce delle disposizioni contenute nel d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39.
La fattispecie riguardava il conferimento, al Sindaco di un Comune, dell’incarico di Presidente di un Consorzio per l’area di sviluppo industriale.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione aveva ritenuto, nella specie, che il Responsabile prevenzione corruzione del Consorzio avrebbe dovuto contestare la causa di inconferibilità al soggetto, cui era stato conferito l’incarico e ai soggetti che, avendo conferito l’incarico, potevano essere destinatari delle sanzioni previste dall’art. 18, commi 1 e 2, d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39; all’esito del procedimento aperto dalla contestazione, il R.P.C. avrebbe dovuto dichiarare la nullità della nomina ed irrogare la sanzione di cui all’art. 18.
La sentenza ha ribaltato la decisione di primo grado del Tar Lazio, affrontando due importanti argomenti:
– la questione dell’applicabilità al Consorzio per l’area di sviluppo industriale della disciplina sull’inconferibilità di incarichi del d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39;
– il potere dell’A.N.A.C di adottare provvedimenti nel procedimento di contestazione della “inconferibilità”.
Per la prima ipotesi, viene affermato che la disciplina sull’inconferibilità degli incarichi è applicabile anche agli enti pubblici economici, qual è il Consorzio ASI.
Infatti, l’intento della legge di delega (art. 1, comma 49, l. 6 novembre 2012, n. 190) era introdurre una disciplina sull’inconferibilità degli incarichi che prevedesse meccanismi di tutela atti a prevenire e contrastare il fenomeno della corruzione nel settore pubblico e presso gli enti privati soggetti a controllo pubblico: perciò sottrarre a siffatta disciplina gli enti pubblici economici contrasterebbe tanto con la ratio della delega quanto con il principio di uguaglianza, generando asimmetrie irragionevoli con le società partecipate da soggetti pubblici che svolgono la medesima attività di impresa degli enti pubblici e alle quali la disciplina si applica.
Viene ritenuto, così, che l’ art. 1, comma 2, lett. b), d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39, va inteso nel senso che tra gli «enti pubblici» rientrano gli enti pubblici economici e, tra questi, i consorzi costituiti da pubbliche amministrazioni; come tale il Consorzio è tenuto al rispetto della normativa del d.lgs. n. 39 del 2013.
Per la seconda questione, la decisione del Giudice di Appello, con ampia ed articolata motivazione, conclude ritenendo che nonostante il nomen iuris, il potere di accertamento attribuito all’ANAC dall’art. 16, comma 1, ha connotazioni particolari ed è soggetto a determinate limitazioni: si tratta di un’espressione di una valutazione circa il procedimento di conferimento dell’incarico in corso o già concluso: l’ANAC “accerta” nel senso che valuta la conformità a legge del conferimento ad un certo soggetto di un dato incarico dirigenziale o di vertice della pubblica amministrazione o degli altri soggetti per i quali la disciplina trova applicazione.
Questa valutazione non si esaurisce in un opinamento, ma è produttiva di conseguenze giuridiche, perciò ha carattere provvedimentale.
L’art. 17 d.lgs. 8 aprile 2016, n. 39 prevede poi: «Gli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del presente decreto e i relativi contratti sono nulli».
Nel caso di incarico già conferito, l’ANAC, ove ritenga violata la legge, accerta la nullità dell’atto.
Qualora, invece – ma non è il caso della vicenda in esame – il procedimento di conferimento dell’incarico non sia concluso, e sempre che la segnalazione giunga dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica o d’ufficio, l’art.16, comma 2, attribuisce all’A.N.A.C. anche il potere di sospensione del procedimento di conferimento dell’incarico (cui si affianca l’obbligo di segnalazione del caso alla Corte dei conti per l’accertamento delle responsabilità amministrative).
Nella vicenda oggetto del giudizio, sollecitata da precedente segnalazione, l’ANAC ha “accertato” la non conferibilità dell’incarico di Presidente del Consorzio ASI attribuito, in applicazione dell’art. 7, comma 2, lett. c) d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39.
Il potere è stato, dunque, esercitato in conformità alla previsione della norma primaria.
Diversa è la conclusione in ordine alla legittimità della delibera dell’Autorità che ha annullato l’atto di archiviazione adottato dal Responsabile per la prevenzione della corruzione del Consorzio a conclusione del procedimento di contestazione delle cause di inconferibilità dell’incarico e ordinato di avviare il procedimento sanzionatorio di cui all’art. 18, comma 2, d.lgs. n. 39 del 2013 nel termine di trenta giorni.
Tale potere non è stato correttamente esercitato e come tale è illegittima la deliberazione: l’Autorità ha esercitato un potere non interdittivo come il precedente, ma di ingerenza para-gerarchica nell’amministrazione attiva che non le è conferito da una norma primaria, neppure implicitamente.
In conclusione deve rilevarsi, a giudizio degli scriventi, la necessità di sottoporre parte del D.lgs. 8 aprile 2013, n. 39, soprattutto per quanto riguarda l’esercizio del potere sanzionatorio, ad un intervento del legislatore: il tipizzato procedimento di contestazione dell’inconferibilità e incompatibilità dell’incarico è di competenza propria del Responsabile per la prevenzione della corruzione all’interno della pubblica amministrazione o dell’ente pubblico o privato soggetto a controllo pubblico; la norma, però, come emerge dal testo, non prevede, al riguardo, poteri di ordine dell’A.N.A.C.
Sarebbe auspicabile un intervento legislativo diretto proprio a meglio definire i poteri dell’A.N.A.C. nell’ambito del procedimento di contestazione della inconferibilità dell’incarico, anche per dichiararne la nullità del medesimo, ove non correttamente provveduto da parte del Responsabile prevenzione corruzione.

avv. Domenico Vitale
avv. Gabriele Vitale

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