Con la sentenza n.3 del 3 luglio 2017, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è espressa sulla controversa questione relativa al rapporto tra la “qualificazione SOA” e la eventuale “cessione del ramo d’azienda”.
In particolare, l’A.P. ha richiamato i due opposti filoni giurisprudenziali sul punto distinguendoli in “teoria formalistica” (Consiglio di Stato, Sezione Quarta, 29 febbraio 2016, n.811, n.812 e n.813) e “teoria sostanzialistica”(Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 18 ottobre 2016, n.4347 e n.4348):
– secondo la prima, nel caso di cessione di ramo d’azienda il cedente perde automaticamente le qualificazioni, ancorché resti “per avventura” in dotazione di requisiti sufficienti per una determinata qualificazione, poiché ciò non lo esonera dal chiedere a una Società Organismo di Attestazione l’attestazione di qualificazione, che a norma dell’art. 60, comma 2, d.P.R. n. 207/2010 costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici. Secondo questo orientamento non potrebbe darsi rilievo alla conferma ex post dei requisiti operati dalla SOA in sede di verifica triennale, poiché essa giammai potrebbe avere un effetto sanante, stante l’effetto traslativo della cessione. Al contempo l’importanza e l’entità del compendio ceduto non potrebbe essere accertata mediante verifica ex post, bensì dovrebbe essere necessariamente sottoposta a specifica valutazione ex ante da parte della SOA a mezzo del procedimento ex art. 76, comma 11, del D.P.R. n. 207/2010;
– secondo la “teoria sostanzialistica”, invece, è ammissibile la verifica in concreto della entità dei beni e rapporti trasferiti con il negozio traslativo al fine di accertare se di vero e proprio trasferimento di ramo di azienda si sia trattato o non piuttosto di trasferimento di singoli cespiti; al contempo alla verifica triennale positiva di validità della attestazione SOA, successiva al negozio traslativo, deve riconnettersi non l’effetto di una rinnovazione ex nunc della validità del precedente certificato quanto piuttosto la attestazione della sua perdurante validità, senza soluzione di continuità. Pertanto deve escludersi che ogni trasferimento di ramo aziendale comporti comunque l’automatica decadenza dalla titolarità delle attestazioni SOA anche se il cedente non perde la consistenza che gli ha consentito di ottenerne il rilascio, come poi accertato in sede di verifica triennale. A tale tesi aderisce Cons. Stato, sez. III, 9 gennaio 2017, n. 30, secondo cui «occorre escludere in linea di principio a danno del cedente qualsiasi automatismo decadenziale conseguente alla cessione d’azienda, intendendosi con ciò affermare che occorre aver riguardo alla causa in concreto del negozio di cessione e al sottostante regolamento di interessi voluto dalle parti, in tutta la sua ampiezza, complessità e particolarità, per determinare se la cessione dei beni aziendali comporti, o meno, la perdita dei requisiti di cui alle attestazioni SOA in capo alla cedente» (idem, sez. V, n. 5706 del 17 dicembre 2015).
L’Ad.Pl., a seguito di una analisi della fattispecie sulla base dei tre metodi comunemente impiegati nell’ermeneutica giuridica: letterale, logico-sistematico, teleologico, ha scelto di condividere la tesi sostanzialistica.
In conclusione, con la sentenza n.3/2017, l’Ad.Pl. ha enunciato i seguenti principi di diritto:
1) «l’art. 76, comma 11, del D.P.R. n. 207/2010 deve essere interpretato nel senso che la cessione del ramo d’azienda non comporta automaticamente la perdita della qualificazione, occorrendo procedere a una valutazione in concreto dell’atto di cessione, da condursi sulla base degli scopi perseguiti dalle parti e dell’oggetto del trasferimento»;
2) «In ipotesi di cessione di un ramo d’azienda, l’accertamento positivo effettuato dalla SOA, su richiesta o in sede di verifica periodica, in ordine al mantenimento dei requisiti di qualificazione da parte dell’impresa cedente, comporta la conservazione dell’attestazione da parte della stessa senza soluzione di continuità».
avv. Domenico Vitale
avv. Gabriele Vitale